
La SEO non è morta, è il ROI che è moribondo
Il dibattito sulla “SEO è morta” è vecchio, ma anche ricorrente. Nel post libri SEO si fa riferimento al film SEO The Movie uscito nell’estate 2017. Nell’ultima parte del film, i guru dell’industria della search engine optimization a stelle e strisce vengono interrogati sul futuro della SEO.
Il quadro che ne vien fuori non è affatto roseo. Il nocciolo della questione sulla dipartita della SEO, ruota da un lato sull’evoluzione degli algoritmi dei motori di ricerca (più del motore di ricerca, tutti sapete a quale faccio riferimento). Dall’altro sulla crescita dei players che praticano a vari livelli SEO, rendendo il contesto sempre più affollato e competitivo.
Dunque una maggiore “intelligenza” dei motori di ricerca e la presenza di sempre più siti ottimizzati SEO (sia on site che off site) avrebbe decretato, o starebbe per farlo, la morte della nostra cara industria, che ci fa portare la pagnotta a casa.
Ma è davvero così? Innanzitutto va sottolineato che quanto succede negli Stati Uniti prima che arrivi in Italia impiega almeno un paio di ere geologiche. Dunque nel bel paese la SEO sta ancora vivendo l’adolescenza. Scherzi a parte, vediamo che spunti se ne possono trarre dal dibattito.
La SEO è morta?
La crescita dell’intelligenza dei motori di ricerca, al punto da prescindere da pratiche di ottimizzazione sembrerebbe ancora lontana dall’essere davvero reale. Difficile dire quello che sarà tra 5 o 10 anni, ma nel breve-medio periodo gli algoritmi appaiono ancora piuttosto “stupidi”.
Questo non vuol dire che non si siano compiuti passi da gigante nel rendere più raffinati tali algoritmi. Vecchie pratiche SEO, facili e e veloci, oggi in linea di massima non funzionano più, o quanto meno non bene come prima.
Anche qui il discorso in realtà è più complesso quando si parla di Google.it e di alcune serp dove la storia sembrerebbe rimasta un po’ al palo. Aggiornamenti come Panda e Penguin comunque hanno avuto un impatto certamente non trascurabile sulla SEO.
Ciononostante, sostenere oggi che le tecniche e best practices SEO non abbiano un impatto anche rilevante sul posizionamento di un sito web significa non sapere di cosa si parla. Come in un matrimonio ormai di lunga data, il rapporto tra la SEO e il motore di ricerca si è fatto più complicato e farlo funzionare richiede più lavoro.
Inoltre siamo tutti focalizzati, giustamente, solo su Google. Se tra qualche anno il mercato dei motori di ricerca dovesse cambiare con l’affermarsi di altri player, anche le pratiche di ottimizzazione potrebbero variare (ma restare comunque valide).
Mi spingo anche oltre: fin quando esisteranno i motori di ricerca, si renderà necessaria anche l’ottimizzazione per gli stessi. Questo scontato il discorso sul raggiungimento di una tale intelligenza artificiale del search engine, da rendere superfluo ogni discorso SEO (ma come Baffone, ciò “adda venì”).
Dunque sul piano del funzionamento delle tecniche, la SEO è ancora viva, un po’ affaticata e invecchiata, ma ancora vegeta. Io sposterei più il discorso sulla morte della SEO sul piano della crescita della competizione. In particolare su quello del poco citato, perché parecchio scomodo, ROI.
Il ritorno sull’investimento dalla SEO
Senza girarci troppo intorno (anche perché ho superato le famigerate 500 parole che secondo molti SEO rendono un post idoneo ad essere promosso da BIG G), oggi su molte serp è sempre più difficile far ottenere al cliente un ritorno sull’investimento compiuto in chiave SEO.
I competitor sono tanti e alcuni parecchio grossi, i tempi si allungano, i risultati diventano incerti. In questo contesto, il SEO onesto sa bene che anche solo per provare a raggiungere l’obiettivo, si renderà necessario un investimento in termini di tempo e denaro non indifferente.
E anche se alla fine si porta a casa la medaglia della prima pagina, la guerra ha fatto troppi morti per considerarla vittoriosa. Tradotto in termini markettari, il cliente, in alcuni settori, non riesce a ottenere un ROI positivo sull’investimento compiuto nella SEO.
Per dirla in parole povere, oggi la SEO costa di più e rende di meno. Chiariamo subito un aspetto, se uno è capace a fare SEO e si impegna in modo costante i risultati li raggiunge, ma ciò vale per progetti che il SEO in questione gestisce per sé (homemade), avendo meno vincoli di tempo e risultato.
Il discorso “la SEO costa di più e rende meno” invece riguarda i clienti che si rivolgono al professionista perché vorrebbero, dovrebbero, avere poi un ritorno sull’investimento compiuto. Questo ROI è sempre più tosto da garantire. Io sposterei dunque il dibattito sulla morte della SEO portando sul banco degli imputati proprio il ROI.
Dunque che fare?
Se il ROI in relazione alla SEO è moribondo (sottolineo ancora in alcuni settori) allora che fare? Innanzitutto urge maggiore onestà intellettuale da parte di molti professionisti.
Alcune agenzie per portare a casa il cliente promettono mari e monti e quest’ultimo in buona fede compie il paffuto investimento. Si tratta di un rapporto che poi nella maggior parte dei casi finisce con contrasti, fatture non pagate, minacce di morte (questa volta reale, non figurata come quella della SEO).
Il professionista onesto intellettualmente (poi uno può pure sbagliarsi o non riuscire in totale buona fede) sa che magari in un determinato settore, non può plausibilmente ripagare il cliente della cifra che investe mensilmente in SEO.
Si deve rasentare la perfezione sull’on site (ammesso che esista), si devono comprare link sempre più costosi (è vietatissimo dalle linee guida, non fatelo mai), si devono attendere tempi a volte biblici. Alla fine della giostra, spesso non si è divertito nessuno.
Dunque onestà intellettuale. Sul che fare invece sul fronte di continuare a fare questo lavoro, la soluzione è quella già messa in evidenza da molti, ma spesso mal applicata per la sua intrinseca trasversalità.
Occorre cioè ragionare in termini di strategie integrate di marketing (attenzione non ho detto di digital marketing, ma di marketing).
Preso un progetto, e ovviamente un budget, bisogna fermarsi un attimo a riflettere su quali canali dell’universo del marketing (online e offline) possano funzionare meglio. In base a tale pianificazione, e ribadisco al budget, si sceglie il cesto dove porre le proprie uova (o più di uno).
La SEO può essere inclusa o non in una strategia di marketing, e ciò va valutato con onestà e cognizione di causa (entro certi limiti, ovviamente nessuno è Nostradamus).
Il professionista SEO, in definitiva, deve ampliare la propria sfera d’azione e diventare un esperto di marketing a tutto tondo. Ciò comporta anche di suggerire al cliente che si rivolge a lui, chiedendogli servizi SEO, di investire le proprie risorse magari in altri canali di marketing (perdere un cliente, esatto!).
Un concetto molto in voga in questi ultimi anni, quello di Growth Hacker è proprio in linea con questo approccio. Ovvio che è impossibile diventare esperti di tutte le branche del marketing, però urge ampliare le proprie competenze a tutto tondo.
Per approfondire sul Growth Hacking: Growth hacker. Mindset e strumenti per far crescere il tuo business di Raffaele Gaito
Per concludere il discorso: il SEO che si fossilizza solo sulla sua nicchia, rischia di affondare insieme alla nave SEO, che come una portaerei, ha costi di gestione sempre più elevati.